Il moscerino col Parkinson
e la possibilità di scomparsa per lungo tempo dei sintomi
della malattia sono alcune delle novità, che mi hanno
colpito dei congresso della LIMPE (Lega Italiana per il Morbo
di Parkinson, le malattie Extralpiramidali e le demenze), tenutosi
ad Alba dal 7 al 9 novembre 2001.
Riferisco qui di seguito alcune mie impressioni.
Ai convegni della LIMPE vi sono sempre degli esperti internazionali:
la relazione di Andrew James Lees mi è parsa quella più
interessante. Il professor Lees ha parlato su cosa è oggi
il Parkinson e molto modestamente ed onestamente ha detto "I
have no idea of what it is", non ho idea di cosa sia, e
ha ricordato che spesso la diagnosi è solo una definizione
temporanea.
Tuttavia vi sono più certezze che in passato su cosa sia
il Parkinson ed, in base a dati della Brain Bank, cioè
della banca dei cervello, neurologi esperti hanno oggi un'accuratezza
diagnostica dei 90% rispetto al 70-80 di alcuni anni fa.
Ha aggiunto poi che anche la drosofila, il moscerino della frutta,
ha due geni che regolano la produzione di dopamina e quindi,
se uno dei geni è difettoso, può in un certo senso
avere il Parkinson; se ho ben capito la "malattia"
si manifesta con una minor capacità di volo, una minor
capacità motoria come nel Parkinson dove c'è, ha
ricordato Lees, una progressiva riduzione di ampiezza di compiti
motori. La malattia della drosofila può essere utile a
studiare, in tempi brevi, da moscerino, anomalie genetiche. Lees
ha ricordato inoltre che i casi di Parkinson sono molti di più
di quanti non siano curati, come la punta dell'iceberg è
solo una parte del tutto che è sommerso.
Si è parlato poi dei possibile effetto protettivo, oltre
che sintomatico, dei caffè, anche se bisogna prenderne
6 tazze, che sono tante ma, aggiungo io, comunque fanno meno
male delle sigarette, anch'esse protettive, sembrerebbe.
Ma la notizia più interessante mi è parsa quella
secondo cui tre casi, diagnosticati con la PET sono migliorati
spontaneamente; cioè la diagnosi era ritenuta certa da
esperti neurologi, ed è stato possibile per il miglioramento
spontaneo sospendere la L Dopa. In due casi il miglioramento
è stato temporaneo ma in una donna anche dopo nove anni
non c'è stata ancora necessità di risomministrare
farmaci; la donna ha rifiutato di eseguire una nuova PET.
Fra le altre cose dette dal prof. Lees c'è che anche i
casi vascolari rispondono alla levodopa in buona percentuale.
A proposito della genetica ha citato la malattia della Parkina,
la proteina prodotta in seguito alla mancanza di un gene sul
cromosoma 6, come distinta dalla malattia di Parkinson. La malattia
della Parkina d'altra parte è tuttavia rara, non ha i
corpi di Lewy ed è una forma di Parkinson autosomica recessiva.
Il gene o meglio la regione del cromosoma che contiene il gene
è molto grande; non si esclude che vi possano essere in
questa grossa regione più geni o meccanismi genetici coinvolti
nel causare il Parkinson.
Il professor Bresolin ha parlato di cellule staminali. Ha detto
che gli oligodendrociti, che sono delle cellule di sostegno del
sistema nervoso, in presenza dei cosiddetti fattori di crescita
possono dare origine a cellule nervose; nel 2000 sono state pubblicate
ricerche sia del caso di cellule staminali formate dal cervello
che si sono differenziate in cellule del sangue, sia di cellule
del sangue che hanno dato origine a cellule nervose; sono state
iniettate nel cervello di cavie delle cellule staminali in una
zona addetta alla produzione di dopamina e le cellule dopo un
mese erano ancora vive e vitali. Sono dati che creano qualche
speranza ed aspettativa per i trapianti.
Si è poi discusso di genetica con interessanti interventi
di Bonifati e Antonini che hanno parlato della alfa sinucieina,
della parkina e delle finora sette forme genetiche accertate.
La discussione è stata un po' tecnica ma l'impressione
è che si stiano facendo ulteriori passi in avanti, non
solo nell'identificazione dei geni ma anche nella identificazione
delle proteine che dai geni vengono codificate, la cui inattivazione
o attivazione potrebbe avere un effetto protettivo e un risvolto
terapeutico nel futuro. Successivamente si è parlato di
dopaminoagonisti e, sul confronto traquesti, il professor Bonuccelli
ha detto che tutti gli studi che mostrano l'efficacia dei dopamino
agonisti rispetto ai placebo o alla L Dopa, sono fatti su campioni,
ed i campioni sono necessariamente eterogenei, e quindi non si
può dedurre che uno è più efficace di un
altro anche se la percentuale di miglioramento o la durata dello
stesso è apparentemente maggiore per certi prodotti che
non per altri; tale affermazione può essere fatta solo
su confronti diretti in uno stesso campione di popolazione.
Il gruppo dei professor Ruggieri ha presentato dei dati sulla
associazione di due dopamino agonisti, ma è ancora presto
per dire se la terapia è in generale più valida.
Alcuni ricercatori sono stati in grado di produrre una forma
di apomorfina somministrabile per cerotto transdermico. Ci auguriamo
il successo di questa forma di terapia che potrebbe essere più
gradevole delle iniezioni o delle pompe ad infusione continua.
Onofri, Abruzzese e Barone hanno discusso sull'utilità
della inibizione COMT, che serve, fatta con un farmaco come l'entacapone,
a prolungare la efficacia della Levodopa, inibendone la degradazione
periferica.
L'impressione è che vi siano più dati che
in passato sulla utilità di questo farmaco come terapia
aggiuntiva e quindi auspichiamo che il farmaco di cui è
indubbia l'efficacia passi presto in fascia. Secondo gli esperti
potrebbe essere impiegato anche nella fase precoce della malattia,
sempre con la levodopa, per mantenere più prolungata la
stimolazione dopaminergica e per ridurre i dosaggi di levodopa.
Si suppone che, probabilmente potrebbe dare risultati migliori
insieme a
formulazioni di L.dopa a rilascio controllato.
Nella sezione poster mi ha colpito quello dei gruppo dei professor
Meco in cui è stato fatto vedere che alcuni pesticidi,
anche naturali, possono causare alterazione dell'alfa sinucleina,
che è una proteina alterata in una forma di Parkinson
genetico. Potrebbe essere l'inizio della dimostrazione di come
forme genetiche e ambientali agiscano insieme nel causare il
Parkinson.
Interessanti conferme sono venute sulla efficacia della stimolazione
profonda dei nucleo subtalamico: il gruppo di Torino ha fatto
vedere come, secondo la loro casistica, sia possibile ipotizzare
che l'intervento rallenti o fermi la progressione della malattia,
e anche se il dato non è statisticamente dimostrato, rimane
comunque che gli effetti benefici della stimolazione sono netti.
Il professor Bergamasco lascia la guida della LIMPE ed a lui
va il ringraziamento per avere prodotto le linee guida italiane
sul trattamento della malattia di Parkinson: al professor Mario
Manfredi, nuovo Presidente, vanno gli auguri per una futura proficua
attività alla guida dell'Associazione scientifica.
Parkinson Italia News n.2002-1 |