Quando si pensa al Parkinson
l'immagine che più ricorre è l'insostenibile
disagio fisico, la lentezza dei movimenti, il tremore, la rigidità
dei muscoli e poi con il trascorrere degli anni, le fluttuazioni
motorie accompagnate dai movimenti involontari. Naturalmente,
accanto a questi sintomi "centrali" esistono altri
sintomi non motori; quelli vegetativi ad esempio, molto frequenti
come la stitichezza o rari come l'ipotensione arteriosa ortostatica
e poi altri ancora, appunto, come quelli mentali relativamente
frequenti e tuttavia poco conosciuti. Rispetto ai sintomi motori
della malattia, più facilmente riconosciuti, i disturbi
mentali generano allarme e paura e sono in genere vissuti con
profonda preoccupazione dal paziente e dalla sua famiglia. Avere
confidenza con questi disturbi e sapere come affrontare e gestire
le fasi acute e poi quelle croniche, e oggi possiamo farlo con
ragionevole successo, dà tranquillità e sicurezza
a coloro che ne sono coinvolti, pazienti, familiari e medici.
LE DOMANDE PRINCIPALI...
Sono molto frequenti i disturbi
mentali nella malattia di Parkinson?
Sì, sono piuttosto frequenti
soprattutto dopo molti anni di malattia e in soggetti molto anziani.
Attenzione, se i disturbi mentali compaiono entro i primi tre
anni di malattia, quindi presto rispetto a quanto accade di solito,
la diagnosi deve essere riconsiderata. In particolare, se sussiste
un importante deterioramento mentale e i sintomi motori non rispondono
ai farmaci la diagnosi potrebbe essere quella di una Malattia
dei Corpi di Lewy, un tipo di demenza che si associa molto presto
a un parkinsonismo.
Quali sono i fattori di
rischio?
In parte sono connessi a variabili
cliniche quali l'età, una fase avanzata di malattia o
alla consistenza di un declino cognitivo, in parte invece sono
correlati alla terapia antiparkinsoniana; in ordine decrescente
in quanto a rischio iatrogeno troviamo i farmaci anticolinergici
(ora poco in uso, ad es. Akineton, Artane, Disipal etc.), i dopaminoagonisti
(Pariodel, Dopergin, Nopar, Cabaser, Mirapexin, Requip) e la
levodopa (Madopar e Sinemet). Da ricordare che malattie o eventi
concomitanti come la febbre, le infezioni, un trauma o un'anestesia
generale possono scatenare anche temporaneamente vari disturbi
mentali. Naturalmente, la presenza nella stessa persona di fattori
di rischio sia clinici che farmacologici può favorire
la comparsa dei disturbi mentali quando intervengono patologie
concomitanti.
Quali sono i disturbi mentali?
1. Le allucinazioni
I disturbi più frequenti consistono in allucinazioni visive
e più raramente uditive. Si possono vedere "ombre"
che passano rapidamente a lato dei campo visivo e che a volte
prendono la forma di animali o di persone; sono dette "allucinazioni
di passaggio o presenze". Altre volte, più la sera
o di notte, sono visioni episodiche o ripetute di animali di
piccola taglia (allucinazioni lillipuziane come insetti) o di
media taglia (macrozoopsie come cani, gatti, e altri animali)
oppure fugaci visioni di persone, adulti o bambini, immagini
in bianco e nero, statiche e silenziose. Altre volte ancora la
scena ricorda un film con azione e movimento il cui contenuto
emotivo può variare dal piacere all'indifferenza e alla
paura. Molto frequenti sono anche le illusioni e le disperazioni
(percezione alterate) dove un oggetto, ad es. il bordo di una
finestra, prende momentaneamente la forma di qualcosa d'altro.
Questi fenomeni durano da pochi secondi a qualche minuto. Lo
stato di coscienza è conservato e raramente vi è
confusioni mentale quindi la consapevolezza di ciò che
si sta vivendo è conservata. Le allucinazioni sono spesso
associate alle variazioni del ciclo sonno-veglia tanto è
vero che possono comparire mentre un paziente si addormenta (allucinazioni
ipnagogiche) o quando si sveglia (allucinazioni ipnopompiche).
A volte sono correlate ad episodi diurni di sonno REM (sigla
che definisce il momento in cui quando dormiamo sogniamo). Infatti
secondo dati recenti ottenuti con esami di EEG-polisonnografia
nelle 24 ore (è un tipo particolare di elettroencefalogramma)
molti episodi allucinatori sono interpretati come "sogni
ad occhi aperti"; altre volte compaiono dopo un breve sonnellino
pomeridiano e sono allora accompagnate da un leggero e transitorio
stato confusionale durante il quale il paziente ha spesso la
certezza di sognare. Altre volte ancora seguono o accompagnano
le cosiddette parasonnie che sono disturbi del sonno fisiologico
caratterizzati da sogni molto vivi, incubi e sonniloquio (il
paziente parla e a volte urla nel sonno).
2. Disturbi dei pensiero
di tipo deliroide e disturbi del comportamento
I disturbi del pensiero caratterizzati da "idee fisse"
di tipo paranoideo sono più rari, anche se non occasionali.
Il delirio finisce per disturbare la personalità dei paziente
e altera il suo comportamento nei rapporti interpersonali e sociali.
Le tematiche deliroidi sono circoscritte a pochi ambiti, a differenza
delle psicosi floride giovanili come la schizofrenia. Iniziano
di solito con una subdola sospettosità verso i familiari
o verso persone estranee al nucleo familiare, e poi possono montare
dando luogo ad un vero e proprio delirio di persecuzione. Il
paziente è lucido, impermeabile alle critiche e fermamente
convinto che quello che pensa sia vero. Tra le più pericolose
sono le idee di veneficio (avvelenamento) che portano il paziente
a rifiutare la terapia e possono sfociare in un comportamento
aggressivo e pericoloso per sé e per gli altri. Altri
contenuti deliroidi frequenti sono la gelosia immotivata per
il coniuge e il timore di un tradimento sessuale. Altre volte
il disturbo dei comportamento è sostenuto da un netto
incremento della libido (termine che esprime l'intensità
della pulsione sessuale) e può sfociare anche in anomalie
della condotta sessuale definite delirio erotomanico. Gli stati
deliroidi tendono a divenire cronici e mettono a dura prova le
risorse emotive dei coniuge e dei familiari.
3. Stati di confusione
mentale
Stati di confusione mentale caratterizzati da disorientamento
personale, temporale e spaziale (ad es. il paziente può
non riconoscere i familiari o la propria abitazione) prevalgono
in pazienti con disturbo della memoria e decadimento cognitivo
globale. Possono essere brevi, da pochi secondi ad alcuni minuti,
isolati o associati alle allucinazioni oppure al delirio. In
genere gli episodi di confusione mentale associati al delirio
sono più severi, hanno durata maggiore e sono caratterizzati
da intensa agitazione motoria e mentale; questo caso può
essere definito una vera urgenza psichiatrica e l'intervento
medico mirato a sedare il paziente deve essere pronto e appropriato.
Gli stati di confusione mentale isolati o correlati alle sole
allucinazioni non devono preoccupare, sono brevi e intervengono
frequentemente al risveglio da un improvviso sonnellino, spesso
in pazienti che accusano una molesta e insopprimibile sonnolenza
diurna; come abbiamo già avuto modo di dire sembrano causati
da irregolarità dei ciclo sonno-veglia.
Esiste una terapia per i
disturbi mentali?
La decisione di quando trattare
i disturbi mentali si basa sul grado di disagio dei paziente
e della famiglia. I disturbi dei pensiero di tipo paranoideo,
il delirio di gelosia e quello erotomanico sono da trattare immediatamente.
Le allucinazioni e le illusioni (percezioni alterate) vanno trattate
solo se molto frequenti e persistenti o se il paziente è
nella necessità di aumentare i farmaci dopaminergici per
migliorare il suo stato di salute fisica. Fino a pochissimi anni
fa, prima dell'avvento dei cosiddetti antipsicotici atipici,
clozapina, olanzapina e poi quetiapina, l'unica possibilità
di successo nel trattamento dei disturbi mentali era rappresentata
da una variazione della terapia in corso, ad es. la sospensione
di anticolinergici o di amantadina, o più frequentemente
dalla riduzione della terapia dopaminergica antiparkinsoniana,
ed in particolare dei farmaci dopamino-agonisti. Questi tentativi
non sempre riducono la gravità dei sintomi e in aggiunta
determinano un deterioramento dei quadro clinico di base. In
questo modo, vi è una ulteriore compromissione delle funzioni
e delle abilità residue del paziente e della sua qualità
di vita. Inoltre l'impiego di farmaci antipsicotici convenzionali,
ad es. dei neurolettici come l'aloperidolo, finiva anch'esso
per aggravare le già severe condizioni cliniche dei pazienti.
Infatti, a livello dei sistema nervoso centrale questi farmaci
hanno una rilevante attività antipsicotica e antiallucinatoria
ma bloccando i recettori striatali per la dopamina azzerano l'efficacia
della terapia antiparkinsoniana. Inoltre, l'impiego di questi
farmaci o la loro sospensione acuta esponeva il paziente al rischio
seppur non frequente di ipertermia maligna, condizione clinica
molto grave perché difficile da trattare. Gli antipsicotici
atipici si differenziano da quelli tradizionali per una minore
o assente azione sui recettori dopaminergici striatali. In altre
parole, l'esposizione cronica a questi farmaci determina raramente
un parkinsonismo secondario o iatrogeno. Il capostipite degli
antipsicotici atipici è la clozapina, molto efficace nel
controllo dei disturbi mentali ma il cui impiego è limitato
dal notevole numero di effetti collaterali potenzialmente molto
gravi, tra cui l'agranulocitosi con la necessità di frequenti
controlli ematici. L'olanzapina a basse dosi (2,5 mg) può
essere di beneficio nel trattamento delle allucinazioni e delle
psicosi, ma dosi superiori possono aggravare i sintomi di base
dei Parkinson. la quetiapina è un farmaco ben tollerato
i cui soli effetti collaterali consistono in sonnolenza in circa
il 15% dei pazienti e in ipotensione arteriosa ortostatica in
minor misura. Le dosi terapeutiche variano dai 50-100 mg al giorno
per le allucinazioni isolate ai 200 mg al giorno e più
per le psicosi deliroidi. Insufficienti o assenti sono i benefici
sugli stati di confusione mentale e sui disturbi dei sonno (dati
personali in fase di pubblicazione). A seconda della situazione
clinica, l'introduzione di quetiapina può evitare una
riduzione del trattamento antiparkinsoniano o addirittura consente
di potenziare la terapia dopaminergica.
Recentemente è stato riportato un successo terapeutico
con rivastigmina (un inibitore della acetilcolinesterasi), farmaco
che aumenta nel cervello un neuromediatore che si chiama acetilcolina
e che è la principale molecola della "memoria".
Questo farmaco è già stato impiegato con successo
nel trattamento dei disturbi mentali di altre sindromi neurodegenerative
come la Demenza dei Corpi di Lewy e nella malattia di Alzheimer.
L'idea è che la disfunzione riguardi un piccolo nucleo
colinergico che si chiama "nucleo dei tetto peduncolo pontino",
strettamente collegato alla substantia nigra, principale sede
di degenerazione nella malattia di Parkinson. Il miglioramento
riguarderebbe simultaneamente le allucinazioni, le prestazioni
cognitive e i disturbi dei sonno. Questi risultati sono incoraggianti
ma devono essere verificati su popolazioni più ampie e
con una migliore definizione dei disturbi mentali e di quelli
del sonno.
Questo testo è parte
degli Atti in via di pubblicazione del Convegno organizzato a
Voghera (PV) nell'Aprile 2002, in occasione della Giornata Mondiale
dei Parkinson, dall'Associazione Pavese Parkinsoniani
Parkinson Italia News -
n.2002-2 |