Parkinson, più vitalità.
Un dopamino-agonista migliora i sintomi. Indagine su malati e depressione.
di Johann Rossi Mason
(29 giugno 2006)

Amsterdam. La Malattia di Parkinson (PD) è il secondo più comune disturbo neurologico in tutto il mondo. Si tratta, generalmente, di una patologia correlata all'età, nonostante il 4-5% dei pazienti sia invece colpita da una forma precoce, giovanile, dovuta ad un particolare gene chiamato "parchina". Per il resto, dall'1 al 2,5% della popolazione oltre i 65 anni è destinata a fare i conti con questa malattia. Se i sintomi più noti sono tremori e disturbi di movimento, recenti ricerche hanno dimostrato che l'elevata frequenza di forme depressive non è solo una complicazione, ma fa parte del quadro clinico.
Circa l'80% dei pazienti affetti dalla malattia soffre di sintomi depressivi "spesso" o "talvolta", ma meno della metà ne discute con il proprio medico. E tali disturbi hanno un impatto maggiore sulla qualità di vita anche rispetto ai sintomi motori. Nonostante ciò sembra esserci una barriera tra medici e pazienti. È quello che ha rivelato una ricerca sociologica europea presentata nell'ambito del Congresso sulle Disfunzioni Mentali nel PD. Ecco cosa dice Mary Baker, Presidente dell'EPDA (European PD Association): "Più del 40% dei pazienti ammette di fare esperienza di sintomi depressivi, ma dice di non parlarne con il proprio medico perché li ritiene meno importanti di quelli motori. Anche nei dipinti del secolo scorso questi pazienti vengono ritratti con una viso inespressivo, lo sguardo perso nel vuoto. La vita relazionale e sociale sono compromesse".
Interviene anche Richard Millard, che ha illustrato i risultati della ricerca: "Abbiamo intervistato 500 pazienti e 500 medici specialisti in 5 paesi (Francia, Germania, Italia, Spagna e Inghilterra). La conclusione è che i sintomi depressivi peggiorano del 40% la qualità della vita".
Somministrare antidepressivi potrebbe però peggiorare i tremori, è emerso da studi precedenti. Una ricerca italiana, appena pubblicata su Journal of Neurology, ha rivelato però che un farmaco dopamino-agonista, il pramipexolo, usato in tutto il mondo su un milione di pazienti ogni anno sin dal 1997, ha dimostrato una particolare efficacia nel migliorare i sintomi antidepressivi.
Lo spiega nel dettaglio il professor Paolo Barone, docente di Neurologia all'Università Federico II di Napoli: "Migliora i disturbi dell'umore indipendentemente dai tremori. Inoltre ci sono evidenze che spesso la depressione preceda l'insorgenza dei disturbi legati al movimento o alla rigidità muscolare. Abbiamo paragonato l'efficacia del pramipexolo a quella della sertralina, un antidepressivo della classe SSRi: il dopamina-agonista ha migliorato i disturbi dell'umore nel 60,6% dei casi, contro il 27,3% del gruppo di confronto. Ma attenzione, questo non significa che questo dopamina-agonista può curare la depressione in tutti, esplica i suoi effetti solo nel Parkinson".
Il Parkinson ha un enorme impatto sulla qualità di vita dei pazienti (ma anche di coloro che se ne prendono cura) e tende a progredire inesorabilmente, con un peggioramento dei tremori, difficoltà nel camminare ma anche nel parlare e una inevitabile perdita di autonomia.
La causa primaria della malattia è una progressiva degenerazione dei neuroni dopaminergici in una zona del cervello chiamata "sostanza nigra" che diminuisce la quantità di questo neurotrasmettitore nel cervello. La sua carenza porta i sintomi tipici legati al movimento, ma la natura inarrestabile della malattia risulta dall'emergere di disturbi come la costipazione, disturbi del sonno e della sfera sessuale, apatia, allucinazioni e demenza. Al momento non esiste una cura ma i farmaci agonisti della dopamina possono fare molto: migliorare i sintomi, rallentare la progressione della malattia, procrastinare la morte dei neuroni effettuando una vera e propria azione di neuro-protezione.
Una curiosità: la perdita dell'olfatto per particolari gruppi (pattern) di odori è uno dei primi segni che suggeriscono la diagnosi di PD. Per questo esistono particolari test olfattivi: al soggetto viene chiesto di annusare particolari sostanze e le risposte vengono registrate.

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Questo testo era pubblicato su Internet nella pagina http://www.repubblica.it/supplementi/salute/2006/06/29/medicinaricerca/019vit49819.html, del 29 giugno 2006, ora non più disponibile in linea.