Amsterdam. La Malattia di Parkinson
(PD) è il secondo più comune disturbo neurologico
in tutto il mondo. Si tratta, generalmente, di una patologia
correlata all'età, nonostante il 4-5% dei pazienti sia
invece colpita da una forma precoce, giovanile, dovuta ad un
particolare gene chiamato "parchina". Per il resto,
dall'1 al 2,5% della popolazione oltre i 65 anni è destinata
a fare i conti con questa malattia. Se i sintomi più noti
sono tremori e disturbi di movimento, recenti ricerche hanno
dimostrato che l'elevata frequenza di forme depressive non è
solo una complicazione, ma fa parte del quadro clinico.
Circa l'80% dei pazienti affetti dalla malattia soffre di sintomi
depressivi "spesso" o "talvolta", ma meno
della metà ne discute con il proprio medico. E tali disturbi
hanno un impatto maggiore sulla qualità di vita anche
rispetto ai sintomi motori. Nonostante ciò sembra esserci
una barriera tra medici e pazienti. È quello che ha rivelato
una ricerca sociologica europea presentata nell'ambito del Congresso
sulle Disfunzioni Mentali nel PD. Ecco cosa dice Mary Baker,
Presidente dell'EPDA (European PD Association): "Più
del 40% dei pazienti ammette di fare esperienza di sintomi depressivi,
ma dice di non parlarne con il proprio medico perché li
ritiene meno importanti di quelli motori. Anche nei dipinti del
secolo scorso questi pazienti vengono ritratti con una viso inespressivo,
lo sguardo perso nel vuoto. La vita relazionale e sociale sono
compromesse".
Interviene anche Richard Millard, che ha illustrato i risultati
della ricerca: "Abbiamo intervistato 500 pazienti e 500
medici specialisti in 5 paesi (Francia, Germania, Italia, Spagna
e Inghilterra). La conclusione è che i sintomi depressivi
peggiorano del 40% la qualità della vita".
Somministrare antidepressivi potrebbe però peggiorare
i tremori, è emerso da studi precedenti. Una ricerca italiana,
appena pubblicata su Journal of Neurology, ha rivelato però
che un farmaco dopamino-agonista, il pramipexolo, usato in tutto
il mondo su un milione di pazienti ogni anno sin dal 1997, ha
dimostrato una particolare efficacia nel migliorare i sintomi
antidepressivi.
Lo spiega nel dettaglio il professor Paolo Barone, docente di
Neurologia all'Università Federico II di Napoli: "Migliora
i disturbi dell'umore indipendentemente dai tremori. Inoltre
ci sono evidenze che spesso la depressione preceda l'insorgenza
dei disturbi legati al movimento o alla rigidità muscolare.
Abbiamo paragonato l'efficacia del pramipexolo a quella della
sertralina, un antidepressivo della classe SSRi: il dopamina-agonista
ha migliorato i disturbi dell'umore nel 60,6% dei casi, contro
il 27,3% del gruppo di confronto. Ma attenzione, questo non significa
che questo dopamina-agonista può curare la depressione
in tutti, esplica i suoi effetti solo nel Parkinson".
Il Parkinson ha un enorme impatto sulla qualità di vita
dei pazienti (ma anche di coloro che se ne prendono cura) e tende
a progredire inesorabilmente, con un peggioramento dei tremori,
difficoltà nel camminare ma anche nel parlare e una inevitabile
perdita di autonomia.
La causa primaria della malattia è una progressiva degenerazione
dei neuroni dopaminergici in una zona del cervello chiamata "sostanza
nigra" che diminuisce la quantità di questo neurotrasmettitore
nel cervello. La sua carenza porta i sintomi tipici legati al
movimento, ma la natura inarrestabile della malattia risulta
dall'emergere di disturbi come la costipazione, disturbi del
sonno e della sfera sessuale, apatia, allucinazioni e demenza.
Al momento non esiste una cura ma i farmaci agonisti della dopamina
possono fare molto: migliorare i sintomi, rallentare la progressione
della malattia, procrastinare la morte dei neuroni effettuando
una vera e propria azione di neuro-protezione.
Una curiosità: la perdita dell'olfatto per particolari
gruppi (pattern) di odori è uno dei primi segni che suggeriscono
la diagnosi di PD. Per questo esistono particolari test olfattivi:
al soggetto viene chiesto di annusare particolari sostanze e
le risposte vengono registrate.
Copyright La Repubblica.
Questo testo era pubblicato su Internet nella pagina http://www.repubblica.it/supplementi/salute/2006/06/29/medicinaricerca/019vit49819.html,
del 29 giugno 2006, ora non più disponibile in linea. |